Un’azienda nostra cliente ci pone un quesito.
Un lavoratore subordinato aveva causato un incidente stradale distruggendo un mezzo aziendale. Dimessosi, rivendicava il TFR sostenendo, su indicazione dei sindacati, che il credito per competenze di fine rapporto non fosse compensabile con quello dell’azienda da risarcimento danni.
Il consulente paghe aveva confermato la tesi del sindacato, ma per lavarsene le mani aveva concluso con l’azienda: “interpellate il vostro legale”.
Ovvio che, valendo la tesi del lavoratore l’azienda avrebbe dovuto pagare per intero il TFR, per poi accollarsi il rischio di un’azione per recuperare il credito nei confronti dell’ex dipendente.
Ma è proprio come sostenuto dal sindacato?
Ni, o meglio no.
Non è così perchè è vero che nel rapporto di lavoro la compensazione non opera.
Ma nel caso in esame si tratta di compensazione solo “impropria” che si verifica quando le reciproche ragioni di debito e credito trovano la loro ragione nello stesso rapporto, che è quello di lavoro subordinato.
In questi casi il credito finale non è il risultato di una vera e propria compensazione, ma rappresenta il risultato di una mera operazione contabile di dare/avere.
In sintesi, crediti del datore di lavoro per risarcimento danni a beni aziendali, sanzioni amministrative per violazioni dipendente (codice della strada), restituzione somme versate in eccesso: si compensazione “impropria”.
Crediti del datore per vicende estranee al rapporto di lavoro (prestiti personali) no compensazione.
La compensazione come istituto presuppone l’autonomia dei rapporti a cui si riferiscono le contrapposte ragioni di credito.